martedì 7 agosto 2018

No, la zuppa no! una recensione su Testefiorite


Su Testefiorite un'appassionata recensione di No, la zuppa no! a cura di Roberta Favia.

[...] Quante volte ci capita di sentire ancora genitori (e nonni ecc. ecc.), al parco o alle uscite di scuola, delegare la propria autorevolezza all’autorità di un qualche lupo o orco di turno (nei casi peggiori anche qualche zingaro ecc.) che spaventi a dovere e faccia obbedire il bambino?
Ma che razza di figura facciamo agli occhi dei nostri bambini con questi miseri trucchi?
Non c’è Orco o Lupo che possa salvarci dall’incapacità di fondare la propria autorevolezza di genitori (non autorità) agli occhi dei nostri figli. La responsabilità è lì e ce la dobbiamo tenere tutta. Ci sono invece i libri a mettersi dalla parte dei bambini e le storie di Luigi Dal Cin sanno farlo con quella semplicità e sincerità necessarie. [... continua la lettura QUI]

domenica 5 agosto 2018

Le Voci dei Tam tam su Mediterraneo Migrante


Sul sito Mediterraneo Migrante, un articolo di Roberta Favia che propone Le Voci dei Tam tam:

Il primo e migliore antidoto alla paura ed alla sua espressione fisiologica in derive razziste è la conoscenza delle storie di un popolo, delle sue fiabe, ovvero di quella parte del patrimonio culturale ancestrale che ci racconta l’umanità dei popoli. [...]

Leggendo fiabe di altri paesi, ascoltando le fiabe che hanno superato i confini, scopriamo storie che sembrano giungerci da una lontananza abissale, al di là di oceani di spazio e di tempo, eppure capaci di parlare al nostro cuore.
Un potente antidoto per l’arroganza, la prepotenza, la violenza di chi non crede nel necessario confronto, anche tra culture differenti, e nel reciproco arricchimento di esperienze di vita e punti di vista.
Così scrive lo scrittore Luigi Dal Cin che, in questi tempi culturalmente e umanamente critici, comincia una riflessione sulle fiabe dei vari luoghi del mondo che seguiremo molto da vicino.
[... continua la lettura QUI e QUI]
Potete ascoltare le fiabe de Le Voci del Tam tam su Radio Magica cliccando QUI.

giovedì 2 agosto 2018

No, la zuppa no!: un consiglio dalla libreria Testaperaria


Sulla pagina facebook della libreria Testaperaria un invito alla lettura di No, la zuppa no!:

Zuppa di cavolo, mirtilli, un bambino, la sua mamma, un orco...
ecco gli ingredienti del nuovo divertentissimo albo scritto da Luigi Dal Cin e illustrato da Francesco Fagnani per Lapis Edizioni.
Non soltanto una storia sui capricci, sulla paura di ciò che è sconosciuto, sulle dinamiche genitori-figli con un finale del tutto sorprendente, ma un'occasione per riaffermare che l'identità profonda di ognuno di noi va compresa e rispettata.
Vi consigliamo: No, la zuppa no!, di Luigi Dal Cin, illustrazioni di Francesco Fagnani, Lapis, 2018.

mercoledì 1 agosto 2018

Le fiabe che oltrepassano i confini # 3 - Il sogno della farfalla: le fiabe dall'Estremo Oriente

3. Il sogno della farfalla: le fiabe dall'Estremo Oriente1

Una volta, tanto tempo fa, io Chuang Tzu sognai di essere una farfalla.
Cominciai a volare nell’aria come un petalo, felice di essere una farfalla, e senza sapere più nulla di Chuang Tzu.
All’improvviso mi svegliai e allora mi tastai, ecco: ero tornato ad essere proprio Chuang Tzu.
Adesso però io non so più se sono Chuang Tzu che ha sognato di essere una farfalla, o se invece sono una farfalla che sta sognando di essere Chuang Tzu.2

Questo breve racconto tradizionale cinese, qui riportato nella versione di Chuang Tzu, scrittore di scuola taoista, ci spinge a spalancare le porte della fantasia e ad addentrarci nell’immaginario fiabesco dell’Estremo Oriente.
Per Estremo Oriente, in genere, si intende l’area che comprende Cina, Corea, Giappone e Mongolia: una superficie geografica di enorme estensione in cui si incontrano società spesso profondamente differenti ma che, allo stesso tempo, presentano elementi antropologici e culturali comuni.
E i comuni archetipi che caratterizzano le fiabe dell’Estremo Oriente appaiono, già alla prima lettura, ricchissimi di suggestioni, specie per noi europei.
Si tratta di fiabe per tanti versi simili a quelle della nostra tradizione, ma con un’anima vibrante che suscita nel lettore occidentale un grande fascino e un forte senso di stupore. Oltre ad un certa dose di sconcerto.
Molte fiabe orientali, infatti – anche quelle che sembrano più semplici – esprimono una profonda ricchezza filosofica e tendono a evidenziare con modalità surreali i paradossi e le illusioni della realtà che ci appare.
Non solo: spesso mostrano, dal punto di vista della struttura narrativa, un’intrinseca diversità rispetto a quelle europee. Tanto da disorientarci.
Le fiabe dell’Estremo Oriente, infatti, si strutturano spesso in modo circolare e ci conducono ad una conclusione che a noi occidentali appare del tutto identica al punto di partenza: una struttura antitetica rispetto a quella tipica della fiaba europea che segue invece una dinamica lineare e progressiva per condurci ad una situazione risolutiva rispetto a quella iniziale.
Nella fiaba occidentale accade ad esempio che il più piccolo dei fratelli, quello che tutti considerano svantaggiato, parta un giorno alla conquista dell’eredità del re e – in una concatenazione lineare di eventi – dopo aver superato una serie di prove grazie al proprio coraggio, riesca nel suo intento e sposi la principessa di cui si è nel frattempo innamorato.
Spesso la fiaba dell’Estremo Oriente ci accompagna, invece, ad un finale in cui il lettore occidentale sperimenta uno stato di vuoto, dove sembra che nulla alla fine sia accaduto.
Non è così. Cioè: non è vero che non sia accaduto nulla.
È invece successo qualcosa: è accaduto esattamente il Nulla.
La fiaba orientale esprime così proprio il Non–Essere inteso, nel contempo, come Essere nella sua forma più piena.
Prendiamo ad esempio il Taoismo che costituisce il quadro di riferimento per comprendere ‘Il sogno della farfalla’. Il Taoismo cerca l’armonia nel continuo mutamento di tutte le cose in quanto considera l’universo basato su due forze opposte e complementari: lo yin (principio femminile) e lo yang (principio maschile). Ogni elemento della realtà viene associato con il maschile o il femminile: il caldo e il freddo, la luce e il buio, il pieno e il vuoto, il sorgere e il tramontare, il cielo e la terra. L’arte del vivere è vista come una navigazione tra gli opposti – più che come una loro guerra – e consiste nel saper tenere in equilibrio i contrari affinché, unendosi, amorevolmente si annullino.
Ecco dunque il Nulla, che è quindi allo stesso tempo Essere nella sua forma più piena in quanto amorevole unione dei contrari.
È possibile così comprendere come la visione taoista del mondo sia serenamente ciclica. La vita e la morte, come tutti gli opposti, vanno e vengono continuamente in una interdipendenza universale.
Ma anche nella visione buddhista del mondo la circolarità del tempo appare come un elemento fortemente caratterizzante, così come nella filosofia Zen.
Ecco allora che la circolarità risulta una delle caratteristiche peculiari anche delle fiabe.
Certo, esistono anche in Estremo Oriente fiabe che hanno una struttura lineare e che si concludono con un matrimonio raggiunto dopo il superamento di faticose prove, ma esistono con frequenza ancora maggiore fiabe con un finale in cui si ritorna alla condizione di partenza, contrassegnata di frequente dalla separazione dei personaggi principali ovvero dall’evento che, nelle fiabe europee, si verifica all’inizio della storia per essere superato via via con il procedere della narrazione.
La differenza di struttura narrativa de ‘Il sogno della farfalla’ rispetto alla fiaba europea – circolare quindi, anziché lineare – è dunque ancor prima espressione di una differenza culturale e filosofica.
Ma non possiamo fermarci qui.
La ricchezza delle fiabe è sorprendente. Molto più profonda di quanto possa apparire a prima vista.
La fiaba esprime anche un atteggiamento nei confronti della natura e della società, perché gli avvenimenti di ogni fiaba sono in realtà lo specchio di tutte le esperienze dell’uomo.
Nelle fiabe dell’Estremo Oriente il destino dell’uomo e della natura appaiono sempre profondamente intrecciati.
Ne ‘Il sogno della farfalla’ viene rappresentato un particolare stato di trascendenza, dove lo spirito di Chuang Tzu è libero di vagare attraverso la creazione divenendo una cosa sola con un’altra creatura, la farfalla.
Questa interazione tra mondo umano e naturale è un aspetto comune sia al Taoismo che al Buddhismo.
Il Taoismo insegna a seguire la corrente dei fenomeni naturali e considera la vita umana come un’integrata caratteristica dei processi del mondo, non come qualcosa che vi si oppone o che se ne separa. Noi e quanto ci circonda siamo il processo di una sfera unificata: è questo ciò che i cinesi chiamano Tao. E anche nel Buddhismo vi è una legge universale per cui la differenza tra quello che facciamo e quello che ci accade sembra scomparire. È chiaro così che ogni sofferenza inferta ad un altro essere umano, o alla natura, ha come conseguenza un danno per noi stessi.
È questo un elemento caratteristico delle fiabe orientali che offre spunti notevoli al mondo occidentale, ovvero a tutta quella cultura – in cui sono immersi anche i nostri bambini – a volte troppo egocentrica e sorda ai segni della sofferenza degli altri uomini e della natura.
E così, tra le righe delle fiabe, emerge anche un ideale di società e di giustizia.
Di sicuro leggere in pubblico una fiaba come ‘Il sogno della farfalla’ nella Cina del XVII secolo significava sobillare il popolo contro l’ordine sociale.
Sembra incredibile poter pensare che le fiabe abbiano questo potere. Eppure una fiaba che racconta come le creature viventi (un uomo e una farfalla) esistano sullo stesso piano liberi da tutto – anche da impegni verso gli antenati o verso i discendenti – distrugge la premessa fondamentale dell’ordine sociale cinese dettata dalla filosofia confuciana: il diritto ereditario che giustifica la gerarchia sociale imperatore–suddito, padre–figlio, marito–moglie, funzionario–contadino.
E così in Cina accadeva che mentre gli scritti confuciani difendevano gli ordini sociali superiori (imperatore, padre, marito), le fiabe popolari davano voce agli ordini inferiori, trovando come interpreti gli scrittori taoisti che trascrivevano le storie delle ingiurie inflitte dai potenti ai subordinati; inclusi i bambini, le donne, gli animali.

Ecco dunque alcuni dei motivi generali che appartengono alle fiabe dell’Estremo Oriente: già ci chiamano ad un affascinante viaggio in un altro modo di pensare.
Ogni realtà geografica locale, poi, ha saputo sviluppare nelle proprie fiabe elementi distintivi e peculiari.
Riscontrabili ad esempio nelle figure dei personaggi animali.
Sappiamo che i personaggi delle fiabe esprimono funzioni narrative più che caratteri psicologici, ma è anche vero che il contesto culturale in cui la fiaba nasce conferisce ai propri personaggi una certa fisionomia, spesso specifica.
Così in Giappone troviamo la volpe (kitsune) vista come spirito furbo, misterioso, infido, affascinante, capace di trasformarsi in modi imprevedibili e di arrivare a possedere la mente dell’uomo; o il tengu, il volante ‘cane celeste’ dal volto rosso, rappresentato solitamente con un ventaglio di piume in mano, che ha l’abitudine di provocare incendi, favorire le guerre, rapire i bambini, far sparire gli adulti.
Per la Cina accenniamo almeno al drago, simbolo per secoli dell’impero (il viso dell’imperatore è ‘il volto del drago’ e un imperatore in collera ‘increspa le squame’) visibile ovunque: ricamato sugli abiti da cerimonia, sui soffitti dei teatri, dipinto sulle ceramiche e sulle prue delle barche. Il drago è l’essere che incarna lo spirito cosmico acquatico e vive dell’energia del ciclo dell’acqua: pioggia, fiume, mare, vapore e pioggia ancora. In Cina il drago annuncia i temporali sputando fulmini, alza il vento battendo le ali e, volando tra le nubi, rappresenta la pioggia con tutte le sue benedizioni.
Le fiabe che invece provengono dalla Mongolia, immensa steppa su un altopiano battuto dai venti siberiani, esprimono fortemente la tradizione nomade dei suoi abitanti: gli animali rivestono un ruolo così fondamentale in quella quotidianità che nelle fiabe non esistono mai barriere linguistiche tra loro e gli uomini. Accade allora che il cavallo, amico fedele, può dare buoni consigli per aiutare il proprio padrone, e che per intimorire lo sciocco lupo – frequente pericolo per le greggi – basti una minaccia verbale fatta con la dovuta fermezza.
Nelle fiabe della Corea il ruolo del cattivo, invece, è affidato di solito a due personaggi animali estremamente differenti: alla tigre, un tempo assai diffusa in quella penisola e portatrice di attacchi mortali specie nei villaggi più sperduti, e al singolare millepiedi, continuo subdolo ideatore di misfatti e malefici.

Ma l’elemento fondamentale che accomuna le fiabe dell’Estremo Oriente e che più affascina il lettore europeo è certamente la loro scrittura: i sapienti tratti d’inchiostro con cui le fiabe tradizionali sono state fermate sulla carta.
In tutti i paesi dell’Estremo Oriente vi è uno storico amore per la calligrafia, un’ammirazione per la bellezza dei caratteri scritti che – originariamente – non erano altro che precise immagini naturali. Un proverbio cinese dice che un’immagine è meglio di mille parole, perché è più efficace mostrare che descrivere. Nel corso dei secoli i pittogrammi graffiati sul bambù sono diventati figure disegnate con il pennello su seta o su carta, poche delle quali hanno ancora una somiglianza riconoscibile con le loro forme originarie. Ma proprio per il fatto che la scrittura in Estremo Oriente è almeno di un gradino più vicina alla rappresentazione della natura rispetto al nostro alfabeto, ecco che non è possibile trovare in nessun altro mondo fiabesco un’unione così forte tra scrittura e illustrazione.
Ed è così che la scrittura delle fiabe e la loro illustrazione – le due forze artistiche che insieme danno vita ad ogni vero buon libro per ragazzi – proprio in Estremo Oriente si trovano da tempo talmente vicine da essere in realtà, nella loro stessa essenza, profondamente unite.
Nello stesso favoloso segno.


1Tratto da Luigi Dal Cin, Il sogno della farfalla: le fiabe in Estremo Oriente, saggio introduttivo al volume catalogo ‘Le Immagini della Fantasia – 25a Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’Infanzia’, ottobre 2007

2tratto da ‘Il vecchio, il sogno e la farfalla’, Luigi Dal Cin, Favolosi intrecci di seta – Fiabe dall'Estremo Oriente, Franco Cosimo Panini Editore, 2007

lunedì 30 luglio 2018

Le fiabe che oltrepassano i confini # 2 - Le voci dei tamtam, i colori dei bambini–racconto: le fiabe dall'Africa

2. Le voci dei tamtam, i colori dei bambini–racconto: le fiabe dall'Africa1

Topolina si infila dappertutto, visita le case dei ricchi e le case dei poveri. Con i suoi piccoli occhi lucidi, spia di notte il nascere delle cose segrete, e non c’è nessuna stanza del tesoro così sicura che Topolina non sappia scavarsi una via per vedere quel che racchiude.
Un giorno Topolina decise di tessere dei bambini–racconto di tutto quello che aveva visto, e vestì ciascuno di loro con un vestito di un colore diverso: bianco, rosso, azzurro o nero.
I racconti diventarono i suoi figli e vissero nella sua casa e le fecero sempre compagnia. Così fu finalmente felice, perché Topolina non aveva figli suoi’.

Sì, succede proprio così.
L’autore di racconti è curioso, si infila dappertutto, visita le stanze dei tesori, spia di notte il nascere delle cose segrete e, dopo aver osservato, comincia a tessere i bambiniracconto nella propria mente.
E deve succedere proprio così: i racconti vanno tessuti piano piano.
Spesso invece c’è chi si butta a scrivere quando nella mente c’è appena un seme, l’ispirazione iniziale, un filo sottile, una scintilla che brilla in modo straordinario, è vero, ma che non è ancora la storia. Quello che prenderà forma così di fretta difficilmente sarà un buon racconto.
I racconti, come fa Topolina, vanno invece tessuti, e l’autore li tesse piano piano, con pazienza e con amore, perché sono suoi figli.
Sono figli che hanno sempre fame, è nella loro natura: hanno tanta voglia di crescere. Il loro cibo è la fantasia e l’invenzione. Così fioriscono, e diventano una ricchezza, offerta a chi c’è adesso, a chi verrà dopo.
I bambiniracconto fioriscono diversi l’uno dall’altro, come i bambiniveri, diversi nella forma, nel carattere, nel tono della voce.
Li si può vestire ciascuno con un colore diverso, e chi non ci crede dia un’occhiata alle illustrazioni nelle pagine che seguono.
Questa breve fiaba proviene dal popolo Ekoi del Camerun: dimostra una straordinaria consapevolezza delle dinamiche dell’invenzione narrativa, e riesce a raccontarle con raffinata maestria e sottile poesia attraverso un gioco immaginativo e simbolico che denota un’altissima maturità culturale e una forte padronanza tecnica.
Eppure esiste un pregiudizio che in occidente considera i racconti tradizionali africani, e la cultura africana in generale, come ‘qualcosa di primitivo’.
‘Primitivo’ è un aggettivo che proviene dall’evoluzionismo, ma che al giorno d’oggi ha assunto una carica emotiva che va oltre il suo significato: è come si dicesse, con vago tono dispregiativo, ‘sai, è una cultura così semplice!’.
Il concetto di ‘cultura primitiva’ applicato all’Africa, in realtà, è stato superato nel momento in cui gli antropologi si sono calati a studiare queste popolazioni vivendo in mezzo a loro, raccogliendo direttamente i loro racconti, toccando così con mano culture tutt’altro che ‘semplici’.
È un pregiudizio, questo, che nasce dal fatto che in Europa per diversi motivi non si conosce quasi nulla della storia dell’Africa e della sua eredità culturale.
Eppure il valore artistico della narrativa tradizionale d’Africa è, sotto molti aspetti, pienamente paragonabile alla qualità dei nostri racconti popolari.
Si tratta di vera arte, spesso segnata da un elevato grado di artificio e di formalismo, a volte con tratti di consapevolezza ironica straordinaria.
Certo, c’è una differenza sostanziale, ma è una differenza che si pone ad un livello diverso rispetto ad una valutazione di maggiore o minore ‘semplicità’: a differenza della nostra, la tradizione narrativa africana è infatti unicamente orale. Le fiabe, i miti, i racconti africani sono arrivati ai giorni nostri esclusivamente attraverso l’oralità, essendo le prime trascrizioni relativamente recenti. E i canoni che creano fascino in una storia raccontata oralmente sono sempre molto diversi da quelli usati per una storia scritta; colui che la raccoglie e la trascrive deve dunque avere le competenze, l’esperienza, la sensibilità non solo per tradurre la lingua, ma anche, per quanto possibile, i codici e le convenzioni narrative.
In ogni caso si tratta di differenti linguaggi artistici e, se la necessità di divulgazione di un racconto orale richiede la sua trascrizione scritta, sarà comunque impossibile alla fine riuscire a restituire appieno i gesti del narratore, le impennate di voce, le battute di dialogo con il pubblico, la dimensione collettiva in cui si è manifestato.
Ecco: nei racconti della tradizione africana questi aspetti legati al narrare a viva voce appaiono molto accentuati, forse più che in altre tradizioni, e la pagina stampata spesso sembra avere per loro spazi troppo ristretti.
Quando alla sera il narratore racconta – sia esso il griot cantastorie africano, o un vecchio autorevole, o il capo del clan, o una donna del villaggio – ecco che la fiaba diventa spettacolo. Il narratore fa sfoggio di tutta la sua arte per affascinare e toccare l’anima del pubblico: l’intonazione della voce viene modulata a seconda delle necessità narrative, la trama viene arricchita a seconda della reazione dell’uditorio, la gestualità è istrionica; per tenere avvinto il pubblico, il narratore ricorre spesso al canto e al dialogo, invitando i presenti ad esplicitare l’insegnamento contenuto nella storia, a dare giudizi sui personaggi, a sciogliere una questione che il protagonista non sa sbrogliare o a risolvere un indovinello. A volte interrompe il racconto intonando il ritornello del tema dominante della storia, e tutti lo riprendono cantando in coro; spesso il tamburo sottolinea il ruolo dei personaggi e scandisce i diversi momenti narrativi.
Nel cominciare la storia, il narratore ogni volta delimita con apposite frasi di apertura e di chiusura lo spazio magico del racconto. Possono essere frasi brevi – come il nostro ‘C’era una volta...’ o come il misterioso termine Tuareg ‘Amashahu!’ – oppure vere e proprie formule.
L’uso di una frase di apertura sospende all’improvviso il tempo, e lo fa scorrere nell’animo di chi ascolta: fa vivere in lui il tempo dell’intero popolo o, meglio, della sua memoria. Il tempo narrativo viene così collocato, insieme al tempo presente, nel lontano tempo del mito, là dove gli antenati hanno saputo discernere ciò che conta per la vita e la felicità, hanno scoperto i valori fondanti e saputo costruire la saggezza, hanno fissato le regole sociali. Affidare l’evento narrativo al tempo del mito significa così mantenere la comunicazione tra generazioni, assegnando agli antichi il ruolo di depositari dei valori e del patrimonio collettivo che fondano l’identità culturale di quel popolo.
La narrazione della fiaba, dunque, non è semplice intrattenimento, ma ha una funzione di identificazione e di appartenenza sociale, di trasmissione di valori, di istruzione (divertente), di educazione dei più giovani.
Certo, esistono molti generi di racconti nella tradizione africana, e molti sono i temi, anche a seconda del contesto geografico in cui nascono.
Una distinzione che in genere viene fatta riguarda il Nord Africa al di sopra della fascia del deserto del Sahara, partecipe della grande circolazione fiabistica indiano-islamico-europea, e la cosiddetta Africa Nera che invece ne appare più estranea, con elementi narrativi maggiormente autonomi. In generale, la letteratura popolare dell’Africa Nera costituisce sorprendentemente un’unica entità: fatto, questo, che non si potrebbe dire per nessun altro territorio di tali dimensioni. Le somiglianze riguardano i tipi di intreccio, i contenuti, i personaggi ricorrenti, gli espedienti letterari... è raro, ad esempio, trovare un’altra tradizione in cui l’uomo appaia così ancorato alla terra in modo altrettanto forte e indissolubile: da essa l’uomo dipende in modo totale fintanto che gli procura cibo e sicurezza, e la sua vita, in questo, è accomunata alla vita degli animali.
E proprio gli animali sono i personaggi principali delle fiabe d’Africa sebbene, anche quando la scena del racconto appartiene tutta a loro, il protagonista rimanga sempre l’uomo. Il primo elemento che emerge leggendo una fiaba africana è infatti che agli animali vengono dati attributi umani – gli animali lavorano, si sposano, vivono nelle capanne, sono capaci di sentire, parlare, pensare come gli uomini – e che spesso gli animali comunicano con l’uomo da pari a pari. Ogni animale è antropomorfizzato e porta un nome proprio, conserva il proprio carattere naturale assumendo allo stesso tempo un preciso ruolo fisso nella società animale che diviene specchio di quella umana. Le storie con protagonisti animali presentano così una duplice prospettiva: da una parte ci si propone di spiegare caratteristiche ed abitudini dell’animale, dall’altra di spiegare i vizi dell’uomo attraverso i comportamenti animali, con lo scopo di fornire una lezione morale o di ironizzare su alcune abitudini tipicamente umane.
Ecco allora che la lepre e la rana sono l’immagine dell’uomo debole e povero – ma intelligente e coraggioso –che riesce a difendersi dai prepotenti; il leone e il leopardo, temuti per la loro forza, diventano figura dell’oppressore arrogante che, confidando troppo nelle proprie forze, finisce per diventare stupido e farsi giocare dai più piccoli – ma più ingegnosi – di lui; la iena è solitamente l’animale sciocco, simbolo dell’uomo egoista e subdolo.
Le fiabe così, raccontando degli animali, trasmettono una concezione della vita, parlano dei piccoli, degli oppressi, dicono l’ingiustizia, la prepotenza, il coraggio, l’amore, la generosità: ché raccontare non significa limitarsi ad accumulare aneddoti più o meno curiosi...
E tutto avviene ancora oggi attraverso gli antichi tempi del raccontare e dell’ascoltare, sebbene in alcune zone d’Africa, specie nelle grandi città, le modalità delle narrazioni collettive comincino a competere con un nuovo sistema di intrattenimento che viene da lontano e che si impone con forza nelle case.
Nella nostra cultura occidentale l’incontro tra la modernità massmediatica e il racconto è avvenuto da tempo, e sembra aver messo in crisi quest’ultimo. In confronto alla cultura africana è come se ci fossimo da tempo privati di una facoltà che sembrava inalienabile: la capacità di scambiare esperienze. Come scriveva Calvino: ‘Mi sembra che ormai al mondo esistano solo storie che restano in sospeso e si perdono per la strada’. Dare valore alla narrazione significa invece tornare alla ricostruzione paziente della coscienza storica, alla comunicazione interpersonale di esperienze significative, all’ascolto dell’altro; per promuovere una reale identità narrante, slegando dal produttivismo economico il valore delle persone e delle esperienze.
E in tutto questo, per gli africani, per Topolina, come per noi occidentali, si tratta in fondo di saper dare voce all’universale profondo desiderio di narrare: tessere innanzitutto delle belle storie, divertenti o terrificanti che siano, e farle lievitare dal gusto del racconto, dalla volontà di comunicare sé stessi ad un altra persona, avvicinando così identità diverse.
L’Africa ha spesso subito tragiche umiliazioni nelle sue vicende millenarie, così come sta accadendo di questi tempi, e sono convinto che una delle umiliazioni più pesanti che sta subendo ora il popolo africano sia l’indifferenza verso la sua storia, la sua cultura, la sua eredità: la negazione della sua identità culturale, il cui riconoscimento, invece, è condizione per ogni dialogo.
Le fiabe, in questo, sono un potente antidoto.
Siano benvenuti, allora, tutti i bambiniracconto.

Filastrocca dei racconti bambini2
di Luigi Dal Cin

Topolina, che è curiosa, sa infilarsi dappertutto,
nelle tristi catapecchie e nei palazzi dei più ricchi,
coi suoi occhi rilucenti sa raccogliere ogni frutto:
dalle lacrime del povero, a diamanti di sceicchi.

Topolina spia di notte coi suoi occhi luccicanti
i segreti più segreti che nel buio stan nascendo,
e lei sola sa seguire quei percorsi serpeggianti
che la portano alle stanze del tesoro più stupendo.

Quando ha smesso di osservare coi suoi occhi piccolini
Topolina torna a casa e ha molte storie nella mente,
così inventa i suoi racconti che diventano bambini:
con amore se li tesse, se li intreccia lentamente.

Poi li veste, i suoi bambini, con vestiti colorati:
con il bianco vestirà il suo racconto più radioso,
con l’azzurro coprirà tutti i sogni suoi sognati,
e ogni storia diverrà, così, un figlio capriccioso.

I racconti son suoi figli, e Topolina ora è contenta
perché vivono con lei e le fanno compagnia.
Non aveva figli suoi, e non pensiate che vi menta:
Topolina ora ha dei figli che son nati per magia.


1 tratto da Luigi Dal Cin, Le voci dei tamtam, i colori dei bambini–racconto, saggio introduttivo al volume catalogo ‘Le Immagini della Fantasia – 24a Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’Infanzia’, ottobre 2006
2 tratto da Luigi Dal Cin, Wiligelma Cook, La Scuola Editrice, 2012

venerdì 27 luglio 2018

Le fiabe che oltrepassano i confini # 1 - Perché ci racconti fiabe che finiscono bene? (Quando nel mondo reale spesso prevale l'arroganza, la prepotenza, la violenza e le cose finiscono male?)

1. Perché ci racconti fiabe che finiscono bene? (Quando nel mondo reale spesso prevale l'arroganza, la prepotenza, la violenza e le cose finiscono male?)

“Perché ci racconti fiabe che finiscono bene? Quando nel mondo reale spesso prevale l'arroganza, la prepotenza, la violenza e le cose finiscono male?”.
“E poi, perché ci racconti fiabe che provengono da altri paesi del mondo? Non ci bastano le nostre, che rispecchiano di più la nostra cultura?”.

È vero, le fiabe finiscono bene.

La fiaba, a differenza della favola, è un racconto popolare di meraviglie, dove l’elemento fantastico e soprannaturale non è vissuto come straordinario, ma viene presentato come normale e abituale. Nella fiaba la dimensione naturale e terrena s’intreccia continuamente con la dimensione soprannaturale e magica.
Ma più che nei contenuti meravigliosi, la forza della fiaba risiede nel suo intento profondo: a differenza della favola che ha un intento prettamente morale, il proposito davvero meraviglioso della fiaba è quello di annunciare che una vita piena è alla portata di ciascuno nonostante le avversità e le condizioni iniziali sfavorevoli, a patto che si affrontino quelle rischiose lotte senza le quali non si può raggiungere la propria vera identità.

“Perché ci racconti fiabe che finiscono bene?”.
Perché l’intento profondo delle fiabe è proprio quello di dare speranza.
Gli studiosi di psicologia della fiaba che numerosi hanno prodotto i loro studi nel secolo passato riconoscono in questo genere letterario una funzione importante per la crescita del bambino.
È la funzione di rassicurazione.
Quando in una fiaba il fratello più piccolo, quello più svantaggiato e misero dei tre, riesce a superare una serie di prove grazie al sostegno di un aiutante magico e alla fine, pur essendo di umili origini, riesce a sposare la principessa, è come si stesse annunciando al cuore del bambino che ascolta: “Ora ti senti così piccolo, insignificante, dipendente in tutto dall’adulto: è la tua dimensione infantile, ma rassicurati! Se saprai uscire da te stesso e andare verso l’altro, e seguire così la tua via, ricco di una fiducia interiore in ciò che non è visibile, alla fine arriverai a realizzare davvero in modo pieno la tua vita sperimentando l’amore”.
L’effetto rassicurante della fiaba è così fondamentale che spesso il bambino, non appena trova la fiaba che sente più vicina a una propria precisa condizione interiore, chiede di riascoltarla ancora e ancora, più e più volte, per esserne costantemente rassicurato. E se nel racconto dell’adulto qualche elemento subisce un’inavvertita modifica, ecco che il bambino protesta: è talmente profondo infatti il suo desiderio di rassicurazione che non c’è alcuno spazio per la variazione, l’improvvisazione o il dubbio.
La fiaba così, tra tutte le forme letterarie, viene percepita dal bambino come meravigliosa proprio perché in essa si sente compreso nel profondo dei propri desideri, delle proprie ansie e delle proprie speranze, e lì trova una via per una scoperta emotiva della propria vocazione a una pienezza di vita.

Le fiabe nascono molto lontano nel tempo, nella notte dei secoli, dove un gruppo di persone si è ritrovato per condividere ciò che viveva di più profondo: le proprie speranze, i desideri più autentici, i propri valori, la saggezza guadagnata ma anche le sofferenze, o l’aspirazione ad un modo più felice di vivere insieme nel proprio ambiente.

Di fiabe è sempre bene cibarsi: “Se volete che vostro figlio sia intelligente, raccontategli delle fiabe. Se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più” diceva Albert Einstein.
E questa forza della narrazione fiabesca appartiene a tutti i popoli.

La fiaba, in ogni parte del mondo, è la forma letteraria più pura, perché nel passaggio orale che ha dovuto subire nei secoli ha trattenuto solo ciò che appartiene all'intera umanità esprimendo, alla fine del suo percorso, solo ciò che è fondamentale e immutabile nell'animo umano.
Come dice W. B. Yeats: “il racconto popolare è in realtà la più antica delle aristocrazie del pensiero; e poiché rifiuta tutto ciò che è passeggero e banale, ciò che è soltanto abile e grazioso, con la stessa sicurezza con cui rifiuta la volgarità e la menzogna, e poiché ha raccolto in sé i pensieri più puri e indimenticabili delle generazioni, costituisce il terreno su cui affonda le radici ogni grande arte”.1

In ogni fiaba, nata in un qualunque luogo di questo nostro mondo, troviamo così l’essenza dell’umanità.
Della nostra umanità.
Dell'umanità di tutti gli uomini.
Poi accade che le fiabe viaggino nelle epoche e nei luoghi, continuino a muoversi insieme alle persone, e nel loro vagare a volte si arricchiscano di elementi tipici di una cultura differente da quella in cui sono nate, assumendo così forme e versioni diverse.
Le fiabe camminano.
Le fiabe oltrepassano le frontiere, e non le puoi fermare al confine.
Le fiabe vivono.
Le fiabe, inevitabilmente, ci contaminano delle vite degli altri.

Leggendo fiabe di altri paesi, ascoltando le fiabe che hanno superato i confini, scopriamo storie che sembrano giungerci da una lontananza abissale, al di là di oceani di spazio e di tempo, eppure capaci di parlare al nostro cuore.
Un potente antidoto per l'arroganza, la prepotenza, la violenza di chi non crede nel necessario confronto, anche tra culture differenti, e nel reciproco arricchimento di esperienze di vita e punti di vista.

Ma cosa dicono di sé stesse le fiabe che ci arrivano dal mondo?



1 William Butler Yeats, The Celtic Twilight, 1893

martedì 24 luglio 2018

Wiligelma Cook: copertine alternative

Gli alunni delle classi III dell'Istituto Comprensivo G. Verdi - P. Cafaro di Andria (BT) mi hanno inviato alcune copertine che hanno ideato e realizzato in alternativa alla vera copertina del mio romanzo Wiligelma Cook:








lunedì 23 luglio 2018

a Gigi # 75 - Libreria Le Foglie d'Oro di Pesaro

Bambino: “Vorrei un libro di Luigi Cin”.
Libraia: “Intendi Luigi Dal Cin?”.
Bambino: “Sì, ma io lo dico senza articolo”.

giovedì 19 luglio 2018

I racconti per Cagliari Monumenti Aperti 2018

Per l'edizione 2018 di Cagliari Monumenti Aperti, nell'ambito del progetto di scrittura e narrazione Le Parole della Bellezza, che ho ideato e conduco dal 2014 per l'Associazione Culturale Imago Mundi onlus, ho raccontato questa volta la sala dedicata alle sculture di Francesco Ciusa nella Galleria d'Arte Comunale d'Arte Moderna di Cagliari.

Il racconto si intitola Sogna Francesco, sogna e ha due differenti finali. Potete leggere le due versioni QUI#1 e QUI#2.
Da questi racconti è stata tratta la drammaturgia Le Voci dei Sogni di Fabio Marceddu con la regia e le elaborazioni sonore di Antonello Murgia. Lo spettacolo è stato messo in scena dagli alunni dell’Istituto Comprensivo Randaccio Tuveri Don Milani di Cagliari e dagli alunni del I Circolo Didattico San Giovanni Bosco di Cagliari.

martedì 17 luglio 2018

Il mare unisce le terre che separa: video intervista del 20 aprile 2018 per la XV edizione di Librinfesta

Potete vedere QUI una mia breve video-intervista del 20 aprile 2018 sul tema scelto dalla XV edizione di Librinfesta: Marea - Il mare unisce le terre che separa.



mercoledì 11 luglio 2018

venerdì 29 giugno 2018

il mio nuovo libro: No, la zuppa no!

Luigi Dal Cin
No, la zuppa no!
illustrazioni di Francesco Fagnani
Edizioni Lapis, Roma, 2018


Ogni venerdì la mamma di Peter prepara una terrificante zuppa di cavolo. Peter ne è disgustato, ma la mangia ugualmente, terrorizzato dall'orco che la mamma minaccia di chiamare. Un venerdì però Peter sembra deciso a non mangiarla. La mamma allora si trova costretta a chiamare davvero l'orco. Le conseguenze saranno imprevedibili.
Un racconto ricco di spiazzanti colpi di scena per mostrare come, con i bambini, le soluzioni siano sempre dietro l'angolo.

Non un libro sui capricci dei bambini, ma sull'identità profonda di ciascuno di noi che, spesso, si manifesta fin da bambini e che noi adulti abbiamo il compito di scoprire, rispettare, sostenere.

giovedì 28 giugno 2018

Seconda sessione d'esame del corso di tecniche di scrittura 2017/2018 all'Accademia di Belle Arti di Macerata

Giovedì 28 giugno 2018, a partire dalle ore 9:00, terrò la seconda sessione di esami del corso annuale di tecniche di scrittura anno accademico 2017/2018 che per il secondo anno conduco presso l'Accademia di Belle Arti di Macerata.
Per informazioni sul programma del corso, che ha una durata complessiva annuale di 75 ore, vedere QUI.

martedì 26 giugno 2018

Musica nel bosco a Messina

Ecco alcune delle opere realizzate dai bambini della scuola dell'infanzia dell'Istituto Comprensivo San Francesco di Paola dopo aver letto Musica nel bosco, in vista del nostro incontro:





venerdì 22 giugno 2018

Bando 40° Premio di Letteratura per Ragazzi Fondazione Cassa di Risparmio di Cento



Ecco il bando del Premio Letteratura Ragazzi “Fondazione Cassa di Risparmio di Cento” della cui Giuria Tecnica faccio parte dalla 38a edizione.
Oltre a me, nella Giuria Tecnica ci sono Maria Teresa Alberti, Gianni Cerioli, Manuela Gallerani, Grazia Gotti, mentre Alessandro Sanna è presidente della Giuria del Concorso Illustratori.
BANDO 2018 - 40^ EDIZIONE
La Fondazione Cassa di Risparmio di Cento e la Cassa di Risparmio di Cento S.p.A., bandiscono la 40^ edizione del Premio di Letteratura per Ragazzi “Fondazione Cassa di Risparmio di Cento”.
REGOLAMENTO
1. Il premio è riservato a libri in lingua italiana - originali o tradotti - destinati a bambini e ragazzi tra i 6 e i 15 anni.
2. Verranno prese in considerazione solo opere originali di autori viventi, pubblicate in lingua italiana a partire dal 1° Gennaio 2017. Saranno escluse le opere degli autori premiati nella precedente edizione.
3. I concorrenti potranno partecipare con uno o più lavori. La partecipazione è gratuita.
4. I libri dovranno essere inviati entro il 15 luglio 2018 alla Segreteria del Premio presso:
Fondazione Cassa di Risparmio di Cento
Via Matteotti, 8/b
44042 Cento (FE)
5. I partecipanti (editori o autori) dovranno inviare otto copie dei lavori.
6. L’organizzazione effettuerà una prima selezione eliminando i lavori che non rientrano nelle indicazioni previste dal presente Regolamento. In seguito i lavori concorrenti verranno valutati da una Giuria tecnica che sceglierà le terne delle opere finaliste: una destinata agli alunni della scuola primaria e l'altra agli studenti delle scuole secondaria di primo grado.
La Giuria Tecnica è composta da educatori, pedagogisti, scrittori, esperti di letteratura giovanile e di comunicazione
7. Successivamente, due giurie popolari – una composta da alunni appartenenti alle ultime tre classi della scuola primaria e l'altra composta da studenti delle tre classi della scuola secondaria di primo grado – leggeranno i libri e formuleranno le graduatorie finali.
Le due predette giurie saranno formate da ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado sia italiane che estere (ove sia presente l’insegnamento della lingua italiana), che faranno richiesta di partecipazione, fino a un massimo di 500 classi (fra scuole primarie e secondarie di primo grado). Per ogni regione italiana sarà garantita la partecipazione di almeno tre classi per ciascun ordine di scuola.
La domanda di partecipazione delle classi alla giuria popolare dovrà essere inviata tramite il sito web www.premioletteraturaragazzi.it, nell’apposita sezione, entro il 31/10/2018, indicando il grado di scuola di appartenenza. Solo dopo questa data la Fondazione invierà la conferma alle classi selezionate a fare parte della giuria popolare. Per la scelta delle classi vale l’ordine della data di arrivo delle richieste. La domanda di partecipazione implica l’accettazione delle norme presenti nel bando.
8. All’autore/i dell’opera prima classificata di ciascuna delle due terne finaliste sarà assegnato un premio di € 4.000,00; alle seconde classificate un premio di € 2.000,00; alle terze un premio di € 1.000,00. Agli editori delle opere finaliste verrà consegnata una targa.
È facoltà della Giuria Tecnica premiare con € 1.000,00 l'autore di un'opera di poesia per bambini/ragazzi.
9. La Giuria Tecnica può assegnare menzioni, premi o riconoscimenti speciali ad autori di opere di valore culturale o sociale e/o di attualità giornalistica o radiotelevisiva rivolte al mondo giovanile.
Il giudizio della Giuria Tecnica è insindacabile
10. Gli autori finalisti dovranno essere presenti alla cerimonia di premiazione. In caso di assenza, pur mantenendo la titolarità del premio, la somma in denaro sarà devoluta all’acquisto di libri per le biblioteche delle scuole. L’autore straniero potrà essere rappresentato dalla propria casa editrice che attraverso un dirigente riceverà il premio in denaro; in assenza dell’uno e dell’altro, il premio sarà anche in questo caso devoluto all’acquisto di libri per le biblioteche delle scuole.
11. La proclamazione dei vincitori e la consegna dei premi avranno luogo a Cento nella primavera del 2019 in data che verrà successivamente comunicata.
12. A conclusione del Premio, tutti i lavori partecipanti saranno destinati alla biblioteca della Fondazione Cassa di Risparmio di Cento e alle biblioteche delle scuole del territorio.
La partecipazione al concorso comporta l'accettazione integrale del presente bando.
Per ogni informazione rivolgersi a:
Fondazione Cassa di Risparmio di Cento
Via Matteotti, 8/b
44042 CENTO (FE)
tel. 051 901790/051 904196
fax. 051 6857189