giovedì 12 marzo 2015

Piccoli appunti Sotto le ali del vento

Domani, venerdì 13 marzo, con inizio alle ore 11, nella Sala Conferenze del Centro Comunale d’Arte e Cultura Exmà, a Cagliari, sarà presentato il romanzo/guida Sotto le ali del vento, scritto da Luigi Dal Cin, illustrato da  Pia Valentinis e Ignazio Fulghesu e ambientato nella città di Cagliari. Edito da Lapis Edizioni di Roma, il volume, che dal 25 febbraio è distribuito nelle librerie di tutta Italia, è prodotto dal Consorzio Camù con il patrocinio del Comune di Cagliari nell’ambito delle attività per Cagliari Capitale Italiana della Cultura 2015.
Interverranno: la vice presidente del Consorzio Camù Francesca Spissu, il direttore generale della Lapis Edizioni Giovanni Sammicheli, lo scrittore Luigi Dal Cin, gli illustratori Pia Valentinis e Ignazio Fulghesu, la direttrice della Pinacoteca di Stato Marcella Serreli e gli assessori comunali alla cultura Enrica Puggioni e al turismo Barbara Argiolas.

Piccoli appunti Sotto le ali del vento
di Luigi Dal Cin

Dopo aver raccontato a bambini e ragazzi le città di Ferrara, Bolzano, Rovigo, le ville del Palladio, i luoghi italiani patrimonio dell’UNESCO, le Mostre di Palazzo dei Diamanti a Ferrara e quelle di Palazzo Marino a Milano, i Musei Civici di Venezia e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, incoraggiato da Camù questa volta ho voluto scrivere un libro in grado di avvicinare i ragazzi al prezioso patrimonio artistico della città di Cagliari. E come nelle altre occasioni ho utilizzato uno strumento a volte atipico per l’arte ma ben frequentato dai bambini, uno strumento potentissimo: la narrazione.
La narrazione è stata, per questo libro, lo strumento cardine per poter raccontare lo straordinario patrimonio culturale della città di Cagliari e renderlo in questo modo accattivante per bambini e ragazzi.

Sono profondamente convinto, infatti, che al pubblico dei giovani lettori interessino sì le informazioni, ma ancora di più un’avventura espressa con intrecci e personaggi avvincenti, e che solo l’utilizzo di una convincente e ben strutturata narrazione consenta di trasmettere – con un coinvolgimento non solo intellettivo, ma anche emotivo – informazioni storiche, artistiche e culturali in modo davvero efficace.

Si tratta, tra l’altro, di un’esperienza che per un ragazzo può essere straordinariamente intensa ed importante: credo infatti esista un diritto alla bellezza per ogni persona che si sta formando, da esercitarsi con forza sempre maggiore di fronte alle fantasie preconfezionate e stereotipate in cui siamo immersi.
Così come credo sia importante che i nostri bambini possano divertirsi a giocare non solo con degli oggetti, ma anche con degli spazi, con le opere d’arte, con i musei, dentro i musei, insomma: con la bellezza di una città.

‘Sotto le ali del vento’ contiene dunque informazioni ma soprattutto una storia con veri personaggi e colpi di scena in grado di affascinare il lettore in un percorso di conoscenza della città. Verifico ogni giorno, nelle scuole di tutta Italia, come la buona narrazione sia il punto di minor resistenza nell’apprendimento di bambini e ragazzi, perché è sempre in grado di offrire molto più di quanto ci saremmo immaginati, ed è questo ciò di cui i giovani lettori hanno diritto. Credo che il fascino di una narrazione sia la porta giusta per la conoscenza e il gioco immaginativo dei bambini: la conoscenza è affascinante, ma anche il fascino e il divertimento sono conoscenza. E una volta che si è inventato il gioco, il gioco crea inevitabilmente partecipazione, la partecipazione crea sempre familiarità. Ed è proprio la familiarità l’elemento che a volte manca nei luoghi della cultura, specie nella loro fruizione da parte dei bambini.

Per prima cosa, quindi, ho studiato la storia e l’arte di Cagliari, poi ho visitato la città sia da solo sia accompagnato da personalità di rilievo della cultura cagliaritana che Camù mi ha fatto conoscere. È stata un’esperienza stupenda che mi ha portato a Cagliari in diverse occasioni, in diversi momenti dell’anno: mi sono stati regalati numerosi punti di vista della città, tutti ricchissimi e tutti differenti, pur accomunati dalle stesse radici di chi è nato qui, e mi è stato chiesto di mescolarli con il mio punto di vista esterno, attento allo sguardo dei bambini.
Sì, perché quando visitavo Cagliari, mi inginocchiavo per osservare tutto ad altezza-bambino per cogliere così cosa ci fosse d’interessante per loro, e in qualche museo qualche custode incuriosito mi ha anche chiesto cosa stessi facendo.

Il primo fatto che mi ha colpito di Cagliari è la sua complessa stratificazione storica e architettonica, che nel romanzo faccio esprimere così al papà del gabbiano Elia:

“È arrivato il momento, figlio mio, che tu conosca una delle caratteristiche che fanno di Cagliari una città unica al mondo... su questo suolo, ci diceva sempre nonno Gavino Gabbiano, hanno trovato casa quasi tutti i grandi popoli del Mediterraneo, e ciascuno di loro ha portato qui la propria cultura. È per questo che Cagliari, ancora di più rispetto alle altre città italiane, è ricca di una storia straordinaria e brilla di una bellezza multiforme: ogni popolo differente che arrivava aggiungeva infatti la propria cultura e la propria arte a quelle che già c’erano, epoca su epoca, strato su strato”.

E poi, passeggiando per le strade e le piazze, ritrovavo tutti gli autori che l’hanno raccontata prima di me con i loro aggettivi: città bianca, verticale, africana, sconfinata, meravigliosa, ripida, tutta pezzetti e mozziconi, briosa, aperta, diversa da qualsiasi altra città, altro dalla Sardegna aspra e pietrosa...
Eppure, ad ogni visita, mi rendevo conto che ciò che più colpiva il mio animo erano i suoi colori luminosi, riflessi del cielo e del mare, e il vento che, per me, ferrarese abituato alle nebbie lente, era ogni volta una festa.
E così riconoscevo Cagliari come la città del vento, un vento che rinfresca, che spazza via ogni nuvola e porta luci e colori così nitidi che il cielo sembra una lastra di ghiaccio. Oppure un vento umido che affatica, rallenta i pensieri e fa piovere polvere rossa.

Era stata Cornelia Gracchia a svegliarli di prima mattina, scalpitante di scoprire nuovi indizi sulla vera origine di quel vento che a volte soffiava da nord–ovest, e allora si chiamava Maestrale, a volte da sud, e allora si chiamava Levante, Libeccio o Scirocco
Tutti gli uccelli di Cagliari conoscevano bene la differenza.
Il Maestrale ripuliva le penne delle ali, le strade della città, gli alberi e i cespugli, portava con sé luci e colori nitidissimi, rinfrescava e rendeva l’aria pura e profumata, di notte faceva rinascere dalla foschia le stelle che allora potevi contare una ad una.
Il Levante, il Libeccio e lo Scirocco, invece, erano venti caldi, morbidi, sonnacchiosi. Sapevano di mare, di sale e di nuvole. Profumavano di spezie e di Africa, ed erano dispettosi perché facevano piovere la sabbia dal cielo sporcando di rosso le macchine parcheggiate e appena lavate.

E ho voluto cercare di scoprire perché l’influenza del vento è così forte in questa città.
Ma chi poteva aiutarmi in questa avventura, se non un volatile che vive del vento? Un volatile che ha la stessa sagoma della Sella del Diavolo, da dove il romanzo prende il via: un gabbiano.

“Zio Capitano?” disse Elia annusando il profumo azzurro delle Jacarande portato dal vento.
“Dimmi, mio giovane pullo”.
“Zio Capitano, da dove viene questo vento?”.
“Oggi viene da terra: è Maestrale” rispose zio Capitano che aveva alzato il becco per annusare meglio la direzione del vento: il cielo era di un azzurro limpido e luminoso, come fosse una lastra di ghiaccio.
“Sì, questo lo avevo già capito, ma io vorrei tanto sapere da dove viene! Soltanto che nessuno di voi gabbiani adulti me l’ha mai saputo spiegare davvero...”.
“Cavoletti, cosa intendi dire?” chiese zio Capitano infilandosi la pipa in becco.
“Be’ – continuò Elia fissando gli occhi dello zio – tutti noi gabbiani possiamo alzarci in volo solo grazie al vento. Il vento è l’amico più importante che abbiamo: è magico più di ogni altra cosa che c’è! Se non ci fosse lui a sostenerci le ali, tutti noi gabbiani saremmo solo degli uccelli goffi che magari sanno anche camminare ma che non si alzano in volo... saremmo dei polli!”.
Papà sorrise.
“Zio Capitano, io sto imparando in questi giorni a giocare con il vento... – continuò Elia – grazie a lui non devo stare più a terra come quand’ero piccolo piccolo, ma posso volare! Sto imparando a lasciarmi accompagnare da lui sempre più in alto nel cielo: basta che apra le ali e il vento mi solleva. E da lassù mi appare tutto così grandioso, zio, che mi sento colmo di bellezza e di libertà. Provo un senso di pace e di fiducia, di forza, di armonia, di serenità...”.
Mamma e papà gli accarezzarono il capo.
“Poi magari il vento lassù cambia direzione – continuò Elia – e allora è come se volesse dirmi che tutto è sempre in movimento. Allora è il momento di lanciarmi in picchiata, ed è tutta una vertigine, cavoletti!”.
“Cavoletti!” sorrise zio Capitano.
“Alla Sella del Diavolo, ad esempio, sento il respiro del vento che diventa un voce quando attraversa le fessure delle rocce. Allora mi sembra che il vento canti una di quelle melodie dei cori a tenore delle feste degli uomini qui in Sardegna. E quella voce, zio, a me sembra provenire da un mondo antichissimo, un mondo mitico e meraviglioso, che sa parlare direttamente al mio cuore. E così mi viene da gridare!”.
“Da gridare!” ripeté zio Capitano accarezzandogli, anche lui, il capo.
“Allora mi chiedo, zio: se il vento è un amico così importante nella vita di noi uccelli, se il vento è così essenziale per la nostra libertà e la nostra felicità, com’è possibile che non sappiamo da dove viene? Chi lo crea per noi? Non credo sia solo una questione di alta e bassa pressione che fa muovere l’aria: penso che tutto questo spieghi solo una parte della faccenda. Ci dev’essere di più! E io lo voglio scoprire! Zio: credo proprio ci sia un’avventura che mi sta aspettando!”.
Zio Capitano socchiuse ancora le fessure degli occhi come a fissare qualcosa di lontano e infatti rivide, lontano lontano, nella sua giovinezza, la stessa identica domanda che con il passare del tempo aveva lasciato sfiorire.
“Capperi, Elia, è una domanda molto bella! – disse Efisia – Ci dev’essere di più riguardo al vento! E di sicuro c’è un’avventura che ti sta aspettando!”.
“Vieni con me?” le chiese Elia.
Efisia scrollò le ali: “Certo!” disse.
Papà, mamma e zio erano rimasti in silenzio, ma sentivano riaccendersi nel cuore un tipo di gioia antica.
Un tipo di gioia che non avevano più provato da quando erano giovani pulli.

E così, seguendo il volo esperto di zio Capitano, il mitico gabbiano che conosce i sette mari come le sue piume e sa raccontare le più incredibili Avventure Gabbiane che si siano mai udite alla taverna giù al porto, il giovane Elia insieme ai suoi amici pennuti si tuffa alla ricerca dell’origine e del senso di ciò che sorregge le sue ali: quel vento che tiene in movimento il cielo di Cagliari e lo fa brillare di luce così intensa.
In questo suo viaggio di scoperta Elia incontrerà nuovi amici e recupererà il senso delle proprie radici, scoprendo anche la vera storia del mitico nonno Gavino Gabbiano.

Una serie di eventi imprevisti guiderà così il lettore alla scoperta dei preziosi tesori culturali della città di Cagliari accompagnato da informazioni diluite nel racconto e da illustrazioni evocative, per creare un'atmosfera affettiva nuova attorno a grandi tesori che, in Italia, troppo spesso sono presentati in maniera poco accattivante per il pubblico più giovane.

In fondo questo romanzo è un invito: un invito agli adulti perché portino i propri figli e i propri nipoti per le strade, le piazze, i monumenti di Cagliari, per poterne respirare, insieme a loro, la bellezza e l’armonia: visitando Cagliari si sperimenta lo straordinario respiro degli spazi, del vento, del Volo Gabbiano.

E poi, visitandola, ho scoperto che Cagliari è una miniera di spunti per storie fantastiche se sapremo osservare insieme ai bambini i particolari delle sue strade, dei suoi monumenti, delle decorazioni, dei dipinti, delle statue... gustare, come si gusta una zeppola, e poi rubare con gli occhi ogni particolare per inventare insieme ai bambini le nostre storie... può essere un gioco divertente che allena adulti e bambini all’osservazione e alla narrazione.
In fondo, è quello che ho sperimentato anch’io per questo libro.