Esce oggi in tutte le librerie il mio nuovo romanzo Negli occhi di Luna, i falò, Rizzoli Editore.
Dopo alcuni anni trascorsi in America, Anguilla torna al paese della sua infanzia nelle Langhe. Il profumo dei tigli è sempre lo stesso, e anche le colline, le rive, le vigne, i boschi, sembrano gli stessi, come se fossero rimasti immobili ad aspettare un suo ritorno. Eppure a lui, che ormai è adolescente, sembra tutto diverso. Anguilla si sente invisibile. Agli occhi del padre, concentrato solo sullo studio e la carriera. E anche a quel paesaggio, che può godere solo dalla finestra nelle ore passate a recuperare una materia di scuola. L’unica che riesce a vederlo – nonostante abbia perso proprio la vista – che sa leggere i suoi desideri e ne intuisce il destino è la nonna. Ma poi arriva Luna, ragazza magica come la natura che abita. Tenendola per mano, alla luce di falò misteriosi, Anguilla si immergerà nel fiume, metafora di rinascita, e troverà il coraggio di trasformare la passione per i libri e la scrittura in vita.
Un romanzo di formazione che percorre i temi, i luoghi, la lingua de 'La luna e i falò' e ci conduce, in un gioco di continue citazioni, alla lettura di un grande classico della letteratura.
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Di seguito l'intervista che per l'occasione ho rilasciato alla Fondazione Cesare Pavese:
'Negli occhi di Luna, i falò' è il
tuo ultimo romanzo e, già dal titolo, troviamo una forte legame con
il romanzo più conosciuto di Cesare Pavese, La luna e i falò. Come
è nata l’idea di questo libro, di un testo il cui sviluppo
narrativo prenda spunto dai temi del romanzo pavesiano?
L'idea è nata da una richiesta che
mi ha fatto la Fondazione Cesare Pavese: scrivere un racconto che
potesse avvicinare i ragazzi all'opera di Pavese. Parlando poi a più
riprese con Pierluigi Vaccaneo, direttore della Fondazione, si è
valutato che il progetto avrebbe potuto concedersi il respiro del
romanzo. Ho pensato, allora, di coinvolgere Rizzoli Editore che fin
da subito si è dimostrato entusiasta. Da quel momento è iniziato il
mio lavoro di ricerca e studio della figura e dell'opera di Pavese
che ha portato all'ideazione e a varie fasi di scrittura del romanzo,
un lavoro immersivo che è durato quasi un anno.
Ci puoi raccontare
come hai voluto poi rendere concreta quest'idea iniziale?
Mi era ben chiaro che la strada che
avrei percorso non sarebbe stata né quella di una sminuente
riduzione de 'La luna e i falò', né tanto meno quella di una sua
pretenziosa rielaborazione. Ho cercato invece di realizzare un
romanzo d'avventura e formazione che avesse una propria identità,
dei propri personaggi, una propria trama, un proprio linguaggio, un
proprio valore: che stesse ben in piedi da sé, dunque, ma che nel
contempo potesse anche fare da 'ponte' alla lettura di un grande
classico.
Quali sono i contenuti del tuo romanzo?
'Negli occhi di Luna, i falò' è la
narrazione in prima persona di un ragazzo adolescente che torna
d'estate al suo paese natale nelle Langhe dopo alcuni anni trascorsi
in America per via del lavoro del padre che, nel frattempo, ha già
deciso e preparato per lui un futuro professionale nel suo studio di
progettazione oltreoceano. Invisibile allo sguardo dei genitori,
tanto da sentirsi orfano, Anguilla – chiamato così per via della
sua migrazione americana – tra le colline di Santo Stefano Belbo
recupererà la propria identità e i propri desideri grazie alla
nonna che, cieca, lo aiuterà a vedere ciò che in lui aspira a
vivere al di là delle aspettative paterne. Con lei, ex
bibliotecaria, potrà esprimere la propria passione per i libri e per
la scrittura. Ma nel suo paese Anguilla ritroverà anche Luna, una
ragazza magica e visionaria che ha sempre vissuto immersa nella
natura e di cui è da sempre innamorato, che lo aiuterà a sua volta
a recuperare i preziosi miti della propria infanzia e il rapporto
fisico con gli elementi naturali. La narrazione si muove tra il
mistero di falò che paiono svilupparsi spontaneamente tra le vigne e
noiosi libri da leggere per le vacanze, la costrizione in casa per
recuperare una materia scolastica insufficiente e il primo bacio,
l'incontro con un bambino che non può usare la parola e le parole
enigmatiche di un vecchio falegname spaventato dal fuoco. Alla fine
il cammino di crescita di Anguilla conquisterà quell'approdo alla
riva della vita che Pavese ci ha indicato e che ha tentato di
raggiungere senza riuscirci: l'unificazione di gesto e parola ('Non
parole. Un gesto' aveva annotato Pavese nell'ultima pagina del suo
diario), di vita e scrittura ('Non scriverò più' sono le ultime
parole del diario). Alla fine Anguilla si immergerà nel fiume,
metafora di rinascita, e troverà il coraggio di trasformare la
passione per i libri e la scrittura in vita. Ho voluto così
metabolizzare, attualizzare e narrare ai ragazzi le principali
tematiche de 'La luna e i falò': l'identità, l'appartenenza, il
recupero dell'infanzia, l'immersione panica nella natura, il mito, il
rapporto tra scrittura e vita, il sogno americano, la figura
femminile, la città, le Langhe, i libri...
I riferimenti all'opera e alla vita di
Cesare Pavese sono evidenti, ma quali sono stati i riferimenti al
linguaggio de 'La luna e i falò'?
Per scrivere 'Negli occhi di Luna, i
falò' ho utilizzato uno stile che vuole rispecchiare la ricerca
pavesiana di un linguaggio vivo, vicino al parlato. E come Pavese ha
preso a riferimento la letteratura americana del suo tempo - in cui
appunto lo stile nasceva dalla lingua parlata, ne seguiva le movenze
e contribuiva ad arricchirla - così, con le stesse finalità, ho
cercato di prendere a riferimento la letteratura americana del nostro
tempo. Ho giocato poi a far pronunciare inconsapevolmente ai
personaggi, a seconda del carattere di ciascuno, citazioni tratte
dalle opere di Pavese in contesti spiazzati rispetto all'originale.
La scrittura di questo libro ti ha
fatto entrare in un dialogo più stretto con Cesare Pavese, un
dialogo però tra scrittore e scrittore. Che cosa hai scoperto da
questo confronto?
È stata per me un'occasione di
immersione nelle tematiche delle sue opere, nei suoi linguaggi, nei
suoi miti, nella sua vita. Nel suo costante desiderio di mettere la
vita nella scrittura. Mi è venuto naturale seguirlo: realizzare
questo romanzo è stato per me, citando T. S. Eliot, scrivere 'parole
private indirizzate a te in pubblico'. Un'immersione profonda, che mi
ha portato a uscire da me stesso: innanzitutto per poter prendere il
punto di vista di Pavese. Poi per poterlo esprimere nelle sue
sfaccettature, per affinità o per contrasto, attraverso i differenti
punti di vista dei differenti personaggi: ciascuno con un proprio
carattere e una propria voce che non sono più i miei. Mantenendo
una costante immedesimazione anche nel giovane lettore che, forse per
la prima volta, sente parlare di Pavese. Può sembrare complicato,
una sorta di esercizio eteronimico alla Pessoa, ma trovo sia proprio
questo il privilegio e la sfida della letteratura: uscire da sé
stessi.
Per scrivere questo libro hai trascorso
molto tempo a Santo Stefano Belbo per cercare il paesaggio simbolico
di Pavese nei suoi luoghi e nelle persone che li abitano. Hai
conosciuto il Mito?
Il periodo che ho trascorso a Santo
Stefano Belbo è stato molto intenso e importante, per me e per il
romanzo: vivere i luoghi di Pavese, camminare sulle sue colline,
lungo le rive del suo fiume, tra le vigne, nei boschi. Grazie alla
Fondazione Cesare Pavese ho avuto poi la fortuna di conoscere persone
che abitano quei luoghi e che, a vario titolo e con profonda
passione, me li hanno raccontati rendendomi partecipe della loro
conoscenza di Pavese. Facendo esperienza di quei luoghi è
impossibile non percepire la presenza del Mito che, con continue
citazioni pavesiane, si è poi fatto spazio tra le righe del romanzo.
Ecco, ad esempio, alcuni assaggi: 'È stata Luna che mi ha insegnato
ad arrampicarmi sugli alberi a caccia di nidi, a esplorare le rive, i
boschi, le vigne, i ruderi abbandonati, a riconoscere le piante e i
fiori, a correre a piedi nudi sulla riva sabbiosa del Belbo, a
distinguere il canto degli uccelli, a scorgere con la coda
dell’occhio le lepri scappare nei solchi, a giocare a essere
selvaggi nella natura selvaggia, a rispettare le colline e i loro
verdi misteri, a riconoscere le stelle, a seguire le fasi della
luna'; 'La città, io, in fondo alla mia anima la cerco, la cerco, ma
non me la ritrovo. Queste colline che riempiono il cielo – così
vive nella luce del sole nonostante restino immobili come fossero
secoli – mi fanno invece scorrere il sangue, mi fanno sentire
vivo'; 'Sono balzato fuori dal fiume, più nudo di prima, ho
respirato. Il cuore batteva forte. Mi sentivo di nuovo vivo, ero
rinato direbbe nonna. In forza, dentro il sangue della notte. Ed ecco
che, come a uno strano gioco, sorgeva la luna, sul ciglio della
collina di là dal fiume frammentandosi contro le piante e
straripando in cielo. La superficie del fiume ha cominciato a
brillare di luccichii argentei. Gli alberelli lontani erano neri; la
luna enorme, matura. Mi pareva davvero di non averla mai vista così,
ma insieme di averne in bocca il sapore, di salutare in lei qualcosa
di antico, di infantile. In quel momento ne ho avuto la certezza.
Anche la notte è viva'; '«Il
sole, l’acqua, il vento, la pietra, la nuvola, ma anche la neve, la
bufera, la tenebra… sono i nostri elementi, ci appartengono» ho
detto. Luna mi ha sorriso: «Noi siamo fatti di quelli, terra, acqua,
aria, fuoco. Su queste colline ci sono tutti. Sono qui prima di noi.
E sono vivi»'.
'Negli occhi di luna, i falò' è un
testo pensato per ragazzi, per accompagnarli alla scoperta di Cesare
Pavese e della sua letteratura. Che cosa può dire oggi uno scrittore
del secolo scorso ad un giovane lettore del nuovo millennio?
Ne 'La luna e i falò' Pavese tratta
questioni di grande attualità, come i temi dell'identità e
dell'appartenenza. In uno dei capitoli iniziali l'Anguilla del mio
romanzo si chiede: 'Cosa
ci posso trovare in un libro scritto così tanti anni fa? Cosa ne può
sapere un libro così, fermo alla Seconda guerra mondiale, di quello
che vivo io, di mio padre, di mia madre, degli esercizi di recupero
di matematica, di mia nonna, della mia infanzia, delle mie estati,
delle mie colline, e poi del mio futuro, di tutto ciò che mi attende
in America?'. Ma poi nell'ultimo capitolo dice: 'Infine, a proposito
della luna e dei falò, ho terminato di leggere a nonna il romanzo di
Pavese. È incredibile: aveva ragione la prof. Parla di me'. 'Negli
occhi di Luna, i falò' si conclude proprio con queste parole.