mercoledì 29 agosto 2018

Le fiabe che oltrepassano i confini # 8 - Nel bosco della Baba Jaga: le fiabe dalla Russia

8. Nel bosco della Baba Jaga: le fiabe dalla Russia1

Sapete chi è che ci porta queste fiabe bagnate di lacrime, infuocate dal sole ardente, sferzate dal vento e dalla neve? È Ëksëkju, l’uccello con tre teste, il celeste uccello dagli occhi simili a stelle lontane e dal verso simile al rimbombo del tuono. Quello splendido uccello ha intrecciato il suo nido nel cielo infinito. Ëksëkju non teme né la tempesta, né i ghiacci, né la tormenta. Ma di tre grandi mali ha paura: la perdita della memoria, la mancanza di gratitudine, e l’indifferenza, tre tristi disgrazie di cui spesso soffrono gli uomini. E proprio quando per gli uomini i giorni si fanno duri e difficili, quando sugli animi si posa la nera polvere dell’indifferenza, quando nessuno vuol più vivere e lavorare, quando le danze e i canti vengono abbandonati e dimenticati, è proprio allora che Ëksëkju scende dal cielo, e porta una magica medicina contro i tre mali che uccidono l’anima. Ëksëkju arriva volando, si posa sulla roccia arrossata dal tramonto e racconta le antiche fiabe. E così l’antica parola risuona. Così gli animi di coloro che sono pronti ad ascoltare e a ricordare tornano a vivere. Ascoltate allora la fiaba.2

Gli sciamani jakuti della Russia siberiana narrano da millenni questa leggenda che fissa nel mito l’origine della fiaba, potente medicina celeste donata per combattere i tre grandi mali dell’umanità: la perdita della memoria storica, l’ingratitudine e l’indifferenza. Mali dell’anima da temere ancor più della tempesta, dei ghiacci, della tormenta: mali che impediscono all’uomo di essere felice. E proprio quando la luce del sole sembra fuggire, la fiaba risuona e restituisce la forza di vivere: il popolo jakuto ha compreso la potenza della narrazione fiabesca molto prima dei moderni studi che ormai ne riconoscono universalmente la necessità per la crescita delle coscienze, l’identità comunitaria, l’affinamento della sensibilità estetica e morale.
Da queste intense narrazioni degli sciamani di Siberia, ai preziosi volumi che raccolgono i racconti orali del folclore, la Russia, storico crocevia di genti, brilla per ricchezza di fiabe, così come splendono le cupole delle sue chiese. Nella Grande Madre Russia dalla grande storia, dai grandi territori estesi fino ai confini del mondo, dai grandi palazzi e dalle grandi città, dai grandi asceti e dai grandi condottieri, sono nate da sempre grandi narrazioni. Grandi narrazioni per grandi e per piccoli.
È però solo dalla seconda metà del diciottesimo secolo che comincia a svilupparsi in Russia un vero interesse per il patrimonio fiabesco nazionale. Per tutto il periodo medievale era la Chiesa a possedere il privilegio d’accesso ad una letteratura scritta, la narrazione popolare veniva invece tramandata oralmente. Anche perché utilizzare la scrittura per narrazioni profane contrastava con il sentimento religioso russo. Ad esempio, nel 1649, lo zar Aleksej Michajlovič Romanov decretava un ukaz, un decreto, nel quale veniva vietato di raccontare fiabe. E questo nonostante gli stessi zar ospitassero a corte dei narratori di professione. Si racconta, ad esempio, che Ivan il Terribile tenesse a corte tre vecchi ciechi che ogni sera gli raccontavano ciascuno una fiaba per conciliargli il sonno.
Gli sconvolgimenti sociali della Russia del secolo successivo portano ad eliminare gradualmente i confini tra l’ecclesiastico e il secolare, tra lingua scritta e orale: iniziano i primi tentativi di racconti secolari scritti, e poiché la sola forte tradizione narrativa era quella orale, ecco che la letteratura russa del diciassettesimo secolo vive una notevole influenza del folclore.
Con il Romanticismo, l’attenzione per la fiaba matura definitivamente e si inizia a coglierne il valore artistico – uno dei primi autori ad interessarsene fu Puškin – ma fino all’arrivo di Afanas’ev manca una vera e propria raccolta sistematica di autentiche fiabe russe.
Nato nel 1826 e morto nel 1871, Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev è stato uno dei più grandi raccoglitori di fiabe di tutti i tempi. Fin dalla gioventù percepisce il fascino della narrazione popolare russa finché, divenuto capace di sistematizzare questo suo interesse, compie un lavoro sterminato di raccolta, selezione e ricerca scientifica sul materiale del folclore. Tra il 1855 e il 1863 pubblica gli otto volumi delle Fiabe popolari russe che raccolgono un numero complessivo di oltre seicento fiabe corredate da note e varianti. Di tutto il materiale raccolto solo una minuscola parte – non più di una decina di testi – è frutto di una registrazione diretta dello stesso Afanas’ev, il resto è ricavato dall’ampia collezione degli archivi della Società Geografica Russa, da fiabe registrate da Vladimir Ivanovič Dal’, famoso per il suo vocabolario in quattro volumi e per la sua raccolta di proverbi popolari, da appunti di amici, da antichi libri...
‘È la prima edizione scientifica di autentiche fiabe popolari russe – scriverà un altro grande russo che dedicherà la sua vita alla fiaba: Vladimir Propp – che, per ricchezza, supera le edizioni analoghe dell’Europa Occidentale. Per la prima volta fu ampiamente riconosciuto l’alto valore artistico della fiaba popolare russa. Per le qualità scientifiche l’edizione di Afanas’ev supera di gran lunga quella dei fratelli Grimm. Afanas’ev, a differenza dei fratelli Grimm, non si concesse alcun rimaneggiamento, miglioramento, né alcuna rielaborazione letteraria. Inoltre egli inserì nella sua edizione le varianti, cosa che non fecero i fratelli Grimm’.
Riguardo alle tematiche, Afanas’ev definisce l’esistenza di tre fondamentale gruppi di fiabe russe, riconosciuti poi anche da Propp: le fiabe di animali, le fiabe di magia, le fiabe novellistiche.
A differenza della loro alta diffusione nel folclore occidentale, le fiabe di animali rappresentano una parte minima dell’intero corpus fiabistico russo, forse perché collegate ad una narrazione rivolta esclusivamente ad un pubblico infantile, al contrario delle altre fiabe diffuse anche tra gli adulti. Si tratta in generale di brevi narrazioni i cui protagonisti sono quasi sempre animali selvatici, e dove gli animali domestici appaiono raramente e in ruoli secondari. Questa particolarità suggerisce l’ipotesi che le fiabe russe di animali siano di origine molto antica, e siano state create in quello stadio di sviluppo della cultura umana in cui gli animali dei boschi rappresentavano forme primitive di sostentamento e avevano un ruolo fondamentale nella concezione del mondo e nell’attività artistica. Le trame molto semplici – anche questo avvalora la loro antica origine – si basano in genere sull’inganno di un animale furbo (ad esempio la volpe) ai danni di un altro più sciocco (ad esempio il lupo).
Le fiabe di magia rappresentano invece il patrimonio più nutrito e più affascinante del corpus fiabistico russo. Si tratta di racconti popolari di meraviglie, dove l’elemento fantastico e soprannaturale non è vissuto come straordinario, ma viene presentato come normale e abituale. Nella fiaba di magia la dimensione naturale e terrena s’intreccia continuamente con la dimensione soprannaturale e magica. È proprio su questa categoria di fiabe russe che Vladimir Jakovlevič Propp (1895 – 1970) decide di concentrare i propri studi. Nella sua fondamentale opera Morfologia della fiaba, Propp individua in un esteso corpus di racconti eterogenei alcune componenti fondamentali che si ripetono in modo uniforme e che identificano, per l’appunto, il gruppo delle fiabe di magia. Queste componenti sono definite da Propp ‘funzioni’ ovvero ‘quegli atti dei personaggi ben determinati dal punto di vista dell’importanza per il decorso dell’azione’. ‘È importante – scrive Propp – che cosa fanno i personaggi e non chi e come fa’. Da questa prospettiva le funzioni, in ogni fiaba di magia, sono straordinariamente poche – al massimo ne sono state trovate, da Propp, trentuno – e il loro avvicendamento è sempre lo stesso: dalle prime (I. Uno dei membri della famiglia si allontana dalla casa; II. All’eroe viene fatta una proibizione; III. La proibizione viene violata; IV. Il cattivo tenta di eseguire una investigazione...) alle ultime (XXVIII. Il falso eroe o il cattivo è smascherato; XXIX. L’eroe assume un nuovo aspetto; XXX. Il cattivo è punito; XXXI. L’eroe si sposa e viene proclamato re).
La grande omogeneità strutturale delle fiabe di magia e la ripetitività delle loro componenti fondamentali fanno supporre a Propp che molti elementi fiabeschi abbiano un’antichissima comune origine rituale, risalente alle cerimonie di iniziazione, probabilmente il fondamento più antico della fiaba, o al viaggio del defunto verso l’aldilà. Questo profondo substrato rituale identificato da Propp nelle fiabe russe di magia non è, d’altronde, una prerogativa tipica solo del folclore russo, ma è proprio del patrimonio fiabesco di ogni popolo: non ci si stupisca quindi di trovare una Cenerentola russa (Zoluška), una Bella e la Bestia (Zakoldovannyj carevič: il principe stregato) e molti altri temi comuni alle fiabe occidentali.
E sono proprio le fiabe di magia ad essere abitate dai personaggi più affascinanti e più famosi del folclore russo: potenti zar che abitano in maestosi palazzi, coraggiosi principi alla conquista di regni lontani con il cuore già conquistato da principesse talmente belle ‘da non potersi dire’, saggi vecchietti cui viene donato un figlio in tarda età, spiriti dispettosi, furbi contadini, fratellini orfani in balia del mondo, pope depositari del prezioso sapere dei libri, soldati stanchi di guerra, diavoli spaventosi e distruttivi, la volubile Baba Jaga nella sua casa nel bosco, e poi lupi generosi, orsi terribili e giocherelloni, corvi servizievoli, uccelli dalla bellezza mitica, il gran Dragone, Koščej l’Immortale… una maestosa varietà di figure che cantano lo stesso inno rassicurante alla vittoria del più debole. Perché sono proprio i più piccoli che, grazie alle proprie risorse interiori e all’aiuto riconoscente di un aiutante magico, superano prove ritenute impossibili e conquistano il cuore della loro innamorata, percorrendo passo passo proprio quei sentieri narrativi che Propp definisce con precisione nei propri studi.
Figure che, prima della vittoria finale sul male, devono percorrere strade che ben presto si rivelano lame a doppio taglio. La casa, l’isba, è sempre il luogo del rifugio sicuro all’inizio dell’avventura, ma nel bosco, sorretta da zampe di gallina che girano su sé stesse, può divenire la misteriosa abitazione della Baba Jaga; il bosco buio è sempre preludio sicuro alla luce e luogo in cui cogliere i segreti sussurri delle betulle, ma può anche nascondere insidie mostruose e, di nuovo, l’oscura casa della Baba Jaga. La stessa Baba Jaga è una figura fortemente ambivalente: a volte generosa e dispensatrice di doni, a volte terrificante minaccia di morte, rappresenta probabilmente la Madre Primordiale, esaltazione archetipica – direbbe Pinkola Estés – della forza selvaggia che sta nel profondo di ogni donna.
L’ultimo grande corpus del folclore russo è quello delle fiabe novellistiche. Non si tratta più di fiabe in cui l’elemento soprannaturale viene vissuto come abituale, bensì di racconti in cui il protagonista – come dice Propp – ‘sta sui gradini più bassi della scala sociale. Viene raffigurato senza alcuna idealizzazione. Nel suo aspetto non c’è nulla di bello, di marcatamente eroico; è una persona ordinaria. Contemporaneamente, però, incarna il coraggio, la decisione, l’ingegnosità, l’indistruttibile forza di spirito e la volontà di lotta e, a volte, ha un’astuzia straordinaria. Per questo vince sempre’.
Ancora più recente è poi la raccolta della tradizione orale dei popoli nel nord della Russia.
Anche in Siberia troviamo le tipiche fiabe di magia, ma qui l’elemento forse più caratterizzante è la potente figura dello sciamano. Lo sciamano è il detentore della tecnica dell’estasi, condizione che riesce a raggiungere con il canto, la danza, e il suono ipnotico del tamburo, accompagnato nell’impresa dal proprio spirito aiutante, in genere zoomorfo, che si manifesta con l’imitazione in fase estatica dei versi e delle movenze tipiche di quell’animale. A ben vedere la seduta sciamanica percorre le stesse fasi della narrazione fiabesca: l’eroe, in seguito ad una chiamata, parte dal suo mondo – ovvero esce da sé – ed entra in una dimensione atemporale – l’aldilà, o l’inconscio – supera quindi una serie di prove grazie alle proprie risorse più profonde e all’assistenza di un aiutante magico e, infine, ritorna, rafforzato spiritualmente. Lo sciamano e l’eroe della fiaba compiono in fondo lo stesso viaggio, che è poi quello della vita di ciascuno di noi. Lo sciamano delle fiabe della Siberia può diventare così l’eccezionale emblema di chi sperimenta sulla propria pelle la potenza salvifica di ogni narrazione.
E su tutto, nelle fiabe russe, la bellezza: nelle descrizioni dei palazzi, dei giardini, della natura, degli eroi, delle varie Vassilissa, Alënuška, Elena la Bella... la bellezza non è certo un valore solo delle fiabe russe, ma la storia della Russia è legata in modo misterioso alla bellezza. Basti ricordare che, nel famoso Racconto dei tempi passati redatta da monaci medievali, il principe Vladimir di Kiev, dovendo scegliere tra quattro fedi religiose, scelse la greco ortodossa perché i riti erano belli, i canti erano belli, e pareva di essere in paradiso; o basti ricordare come proprio la Russia sia la patria dell’icona la cui bellezza è tale che qualche opera verrà poi definita dalla tradizione popolare ‘acheropita’ ovvero ‘non realizzata da mano umana’. E così, con la loro capacità salvifica di sconfiggere i mali dell’umanità, di rassicurare sulla vittoria finale dei piccoli, di far crescere le coscienze, di affinare al gusto del bello, le fiabe che ancora oggi la Grande Madre Russia ci racconta ripetono instancabili la loro supplica, la loro speranza. Quella che, nell’Idiota, nutriva lo stesso Dostoevskij.
E cioè che ‘la bellezza salverà il mondo’.


1tratto da Luigi Dal Cin, Nel bosco della Baba Jaga: le fiabe dalla Russia, saggio introduttivo al volume catalogo ‘Le Immagini della Fantasia – 30a Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’Infanzia’, ottobre 2012

2 tratto da Luigi Dal Cin, Nel bosco della Baba Jaga – Fiabe dalla Russia, Franco Cosimo Panini Editore, 2012